Le news di Consulta

NEWSROOM

Eventi, Restauro
12/01/16

Diego Giachello: “una luce sostenibile,
equilibrata, scenografica”

L’architetto Diego Giachello è l’autore del nuovo progetto di illuminazione nella Galleria del Beaumont. Gli abbiamo rivolto qualche domanda sul lavoro.

Architetto Giachello, quale era il tema di fondo dell’intervento?
Tutto l’intervento nasce da un problema conservativo. Da sempre in Armeria Reale l’illuminazione naturale entrava senza alcun tipo di protezione e tutto il materiale tessile e naturale – ad esempio le pelli dei cavalli – era sottoposto a un irraggiamento diretto, con problemi conservativi molto seri. La soluzione è stata di eliminare ultravioletti e infrarossi con pellicole micro-laminate di taglio delle radiazioni solari, che sono state applicate a tutti i vetri e sono praticamente invisibili. Eliminano il 99% delle radiazioni nocive: adesso il contributo della luce naturale sui reperti non è più dannoso.

È una tecnologia nuova?
A Torino è già stata utilizzata a Palazzo Madama e in altri contesti. Quelle adottate qui, appena uscite sul mercato, sono pellicole filtranti che hanno il vantaggio di non avere troppa componente metallica all’interno e quindi di non essere riflettenti all’esterno.

Secondo tema da affrontare, l’illuminazione alle pareti.
È il tema dei torcieri, probabilmente per tanti anni unica fonte di luce artificiale, prima dell’allestimento del 2005. Dei torcieri ottocenteschi non ci è rimasta traccia; quelli esistenti furono inseriti all’inizio del ’900 e nascevano già elettrificati. Prima del nostro intervento erano dotati di lampade alogene, per un totale di 200 lampadine da 60 watt che si accendevano insieme. Le abbiamo sostituite con lampadine a led, che hanno una forma classica e danno una luce calda e che, soprattutto, riducono a un decimo il consumo energetico: ogni nuova lampadina è da soli 5 watt.

Tra il prima e il dopo qual è la percezione?
C’è meno luce, anche se la percezione complessiva è che ci sia una luce più equilibrata.

Altro problema da considerare è che l’Armeria viene visitata di giorno, quando c’è molta luce naturale, ma anche quando è già scuro.
Con la nuova situazione abbiamo un buon risultato: di giorno compensa la luce delle vetrate, mentre nelle ore serali, con i torcieri accesi, non crea effetti di abbagliamento, che è uno dei fenomeni di maggior fastidio negli ambienti museali. Inoltre, abbiamo utilizzato i vecchi attacchi delle tende per sistemare dei fari sagomatori, le cosiddette “luci d’accento”, che illuminano i corpi dei cavalieri e degli armati a piedi. In precedenza i gruppi sembravano scuri, poiché sempre in controluce, a causa della luce solare che proveniva dalle finestre o per l’abbagliamento provocato dai torcieri.

L’effetto complessivo è di una drammatizzazione dell’ambiente?
Sicuramente abbiamo cercato un effetto scenografico. E a ciò contribuisce anche la luce all’interno delle teche, ultimo punto saliente. Nell’allestimento Venturoli del 2004/2005 le teche erano state curate molto bene, utilizzando i migliori prodotti di quegli anni: nella parte inferiore fu scelta un’illuminazione a fibre ottiche, in quella superiore dei led di prima generazione. Parliamo però di dieci anni fa e da allora l’evoluzione dei materiali è stata enorme. Abbiamo quindi optato per una soluzione innovativa ma rispettosa del precedente lavoro: nella parte superiore sono stati introdotti dei led di ultima generazione, mentre in basso è stato sostituito solo l’illuminatore alogeno – la sorgente che provoca la luce, sistemata dietro le teche – con un altro a led. Nel complesso abbiamo ora un risparmio energetico che, anche qui, è dieci volte superiore rispetto alla potenza erogata.

La nuova luce si direbbe esaltare l’impostazione ottocentesca dell’intera collezione.
L’impressione che vorremmo trasmettere al pubblico è proprio una percezione teatrale dello spazio, perché l’allestimento è scenografico e nasce come tale. Nel futuro dovremo decidere se applicare delle tende tecniche alle finestre, che in ogni caso dovranno permettere la visione del paesaggio esterno, decisivo per comprendere il rapporto che lega questo luogo alla città. Credo infatti che la forza dei palazzi del sistema reale torinese stia proprio nella loro collocazione urbanistica: la cornice diventa dunque un elemento fondamentale, che aggiunge senso e bellezza alle opere esposte.