“Impacchettare” un monumento o un edificio non è solo l’operazione che segnala l’apertura di un cantiere. Significa incidere sul paesaggio urbano, con una presenza di forte impatto, visivo e fisico. Questo lavoro preliminare deve perciò essere eseguito con sensibilità, poiché il rispetto del contesto architettonico è fondamentale. 

Inoltre i teli di copertura si propongono anche come spazio per comunicare: le grandi superfici sono ideali per illustrare il lavoro del cantiere e la missione sociale che ne è alla base. In piazza Bodoni, la Consulta ha sfruttato l’occasione in modo innovativo. A richiamare l’attenzione 4 domande – Perché? Chi? Cosa? Dove? – a cui hanno risposto altrettante infografiche. In pochi punti, semplici e immediati, l’Associazione ha presentato sé stessa e la propria filosofia.

Rinnovato l’impianto di illuminazione del Salone palagiano

Valorizzare la struttura con un’illuminazione uniforme, ridurre i consumi elettrici, assicurare una manutenzione più agile del sistema-luce. Questi i principali risultati che il nuovo impianto di illuminazione progettato da Consulta garantirà alla Biblioteca Reale di Torino.
 
L’intervento, che si concluderà entro la fine dell’anno, è stato affidato a Officina delle Idee (che nel 2015 ripensò l’illuminazione dell’Armeria Reale) e riguarda l’aulico “Salone palagiano”: nell’ambiente, caratterizzato dalla splendida volta affrescata e dagli antichi volumi ordinati nelle librerie, saranno sostituiti tutti i vecchi corpi illuminanti e introdotte luci a led di ultima generazione, altamente sostenibili per consumi e costi.
 
Nel complesso, cambierà l’intera percezione dello spazio: ogni elemento della Biblioteca assumerà un rilievo inedito. Quasi un invito a riscoprire sotto una nuova luce questo tassello dei Musei Reali.

Avviato il cantiere, i lavori si concluderanno in primavera 

C’è un elemento che aiuta a distinguere le chiese “gemelle” di Santa Cristina e di San Carlo Borromeo: è il Campanile che, affiancato a quest’ultima dal Settecento, spezza la simmetria di questa classica “quinta teatrale” di piazza San Carlo. Presenza ineludibile del centro storico torinese, da tempo il Campanile mostrava l’esigenza di una revisione delle superfici intonacate e del restauro delle decorazioni.
 
Un esame dettagliato ha messo in luce lo stato dell’arte: diffuse alterazioni della pellicola pittorica, esfoliazioni ed efflorescenze saline, rigonfiamenti dell’intonaco, piccoli distacchi di elementi decorativi. Su tutto, una generale patina di sporco, causata da smog e agenti atmosferici.
 
Finanziato con fondi del Mibact e di Consulta, l’intervento conservativo è stato affidato allo Studio DeArch di Torino. Ora, dopo una serie di rinvii collegati all’emergenza pandemica, il cantiere è finalmente attivo e oltre al Campanile interesserà il lato della chiesa che affaccia su via Roma. Preceduti da saggi stratigrafici sulle finiture pittoriche, i lavori si concentrano sulle superfici, ma includono anche il ripasso di faldalerie, converse e coperture in metallo e pietra. La ritinteggiatura avverrà nel rispetto delle cromie antiche. La conclusione è prevista per la primavera del 2021.

Torino culla del Risorgimento: è facile percorrendo le vie o le piazze cittadine rintracciarne memorie, eventi, segni. Tra questi emerge il monumento equestre ad Alfonso Ferrero della Marmora, militare e politico che fu tra i protagonisti di quella stagione: situato al centro di piazza Bodoni domina l’elegante spianata ottocentesca. Lì il monumento venne inaugurato ufficialmente nel 1891, grazie a una sottoscrizione nazionale che, nel corso di 12 anni, consentì di raccogliere i fondi necessari. A realizzarla fu lo scultore piemontese Stanislao Grimaldi, e quest’opera è considerata il suo capolavoro.
 
Oggi, per chi passa in questo spazio così marcatamente torinese, il monumento in bronzo e il basamento lapideo si presentano perfetti, ripuliti dai depositi di sporco organico e restituiti alla bellezza originale. Alla fine di ottobre si è infatti concluso il restauro conservativo sostenuto da Consulta ed eseguito dalla ditta Chiara Restauri di Collegno.
 
Partito lo scorso luglio, il cantiere si è avvalso di un’ampia ricerca preliminare, che ha affiancato le analisi chimiche sulle patine alla consueta documentazione grafica e fotografica. Alle delicate operazioni di pulitura, effettuate manualmente con acqua demineralizzata, hanno fatto seguito le applicazioni di un inibitore di corrosione e la stesura di una cera protettiva specifica per i bronzi.

Realizzato grazie all’Art Bonus, l’intervento è prossimo a concludersi

I torinesi lo identificano con la Scuola di Applicazione, la sede in cui si formano gli alti ranghi dell’esercito. Pochi però sanno che il Palazzo dell’Arsenale ha una storia antica, che incrocia i più celebri architetti sabaudi. Progettato a metà ’600 come Fonderia da Carlo Morello, alla sua graduale trasformazione in Arsenale contribuirono sia Amedeo di Castellamonte che Filippo Juvarra. Ciò nonostante, il segno definitivo è di un militare-architetto, il capitano Felice De Vincenti: suo il disegno dell’attuale struttura, edificata tra il 1736 e il 1783.
 
Luogo nobile della nostra storia, per via della sua destinazione il Palazzo è rimasto per secoli interdetto al pubblico. Oggi, il restauro del Cortile d’onore, promosso dalla Consulta e affidato all’architetto Andrea Gaveglio di Torino, segna un punto di svolta epocale: l’intervento è stato pensato nella prospettiva di poter aprire a tutti – con tempi e modalità che si dovranno valutare – questo spazio unico per ampiezza e maestosità.
 
Partita a giugno, la risistemazione ha coinvolto principalmente il rifacimento della pavimentazione e dell’impianto di illuminazione del piazzale. In luogo del manto bituminoso del fondo è stata scelta la pietra di Luserna, posata dopo la revisione dell’impianto idrico di raccolta e smaltimento delle acque piovane. Per la nuova illuminazione sono stati scelti corpi illuminanti più performanti e dai ridottissimi consumi. A oggi, per completare i lavori manca solo la creazione di una “zona filtro” nell’atrio principale, che renda sicura l’accessibilità. È prevista tra gennaio e febbraio.

Realizzato in regime di Art Bonus (nome con cui è nota la legge 106 del 2014, che istituisce un credito di imposta per chi effettua erogazioni liberali a sostegno di cultura e spettacolo), il restauro si è avvalso di cospicui fondi messi a disposizione dalla Fondazione Compagnia di San Paolo e da Intesa Sanpaolo.
Molto attivi sul territorio piemontese, i due mecenati sono tra i Soci della Consulta.

Intervista con la Presidente Paola Gribaudo, dallo scorso aprile al vertice dell’antica e prestigiosa istituzione torinese. Tra formazione, mostre e valorizzazione, un quadro completo dei programmi per il rilancio.

Accademia Albertina in gran spolvero: per l’istituzione torinese è una stagione ricca di attività, inaugurazioni, collaborazioni. Tra queste ultime, un posto di rilievo spetta alla Consulta di Torino, che è stata coinvolta in due iniziative: da una parte con il suo annuale progetto didattico, che a giugno ha visto la partecipazione di 25 studenti dell’Accademia; dall’altra con l’intervento sulla Sala dei Cartoni Gaudenziani, resa spettacolare dalla nuova illuminazione e da una comunicazione tecnologicamente all’avanguardia. Abbiamo incontrato Paola Gribaudo, che ha un’agenda fitta di programmi e tante idee innovative da realizzare.  

Una fotografia dell’Accademia oggi. Come funziona e quali peculiarità possiede nel contesto di scuole analoghe in Italia? 

L’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino è una delle Accademie più importanti d’Italia, sia per la sua storia, sia per numero di allievi: oggi sono circa 1500, di 40 nazionalità diverse, e tra loro almeno 400 cinesi. La peculiarità che ci caratterizza è che rispetto ai tradizionali corsi delle Accademie (pittura, scultura, arti decorative) proponiamo altri 10 insegnamenti su materie meno tradizionali, quali ad esempio fotografia, digital art, restauro… corsi a cui tra poco si aggiungerà anche cinema. E proprio nella prospettiva di un’offerta sempre più larga, a fine agosto abbiamo firmato un’intesa con il Conservatorio per la creazione di un “Polo delle Arti”: per ora è un progetto sulla carta, ma presto dovrebbe concretizzarsi con l’istituzione di master di 3° livello in cinema e televisione, dedicati a figure professionali oggi particolarmente richieste. 

Una formazione orientata a creare figure utili. 

Esatto. E in questo senso vorremmo aprire dei contatti anche con l’Unione Industriale per dare uno sbocco ai ragazzi. Chi si iscrive all’Accademia lo fa perché sente di avere un talento interiore: per questo il messaggio che vogliamo trasmettere alla società civile, e con essa alle aziende, è che il mondo contemporaneo ha bisogno di creativi. Una parola, questa, che deve essere declinata in modo ampio: perché dall’Accademia non escono solo pittori e scultori, ma anche ragazzi che si dovranno occupare di comunicazione. Nella nostra Pinacoteca, ad esempio, abbiamo sempre degli stagisti che a rotazione imparano come si allestisce una mostra, come si redige un comunicato stampa, come si interagisce con l’assicurazione e come si imposta un catalogo e la comunicazione. Lo sbocco di un giovane laureato dell’Accademia probabilmente non sarà una casa editrice o un museo: magari andrà da Prada o alla Ferrero, e un comunicato stampa dovrà scriverlo anche lì, per un prodotto o per una mostra. L’idea di base è che coloro che escono dall’Accademia debbano essere preparati ad affrontare ogni situazione: se hai seguito il corso di comunicazione o progettazione, quando ti chiedono di montare una mostra devi sapere quali sono i passaggi per arrivare al risultato finale. 

Qual è invece il ruolo dell’Accademia come istituzione che promuove mostre, cultura, autori? 

L’Accademia Albertina possiede una Pinacoteca. È quello il luogo che tradizionalmente utilizziamo per le mostre, a cui adesso si aggiunge il nuovo spazio ipogeo della Rotonda del Talucchi, recuperato grazie all’intervento della Compagnia di San Paolo. È un ambiente di grande fascino, che in futuro potrebbe ospitare la Pinacoteca del ’900. Per il momento verrà destinato a mostre temporanee: Artissima, per esempio, mi ha chiesto di poterlo utilizzare per l’edizione del prossimo anno, richiesta che valuteremo con il Direttore. 

Come intende lavorare su questo settore di attività? 

Almeno una volta all’anno vogliamo lasciare uno spazio ai professori e agli artisti che si sono formati qui. Ecco perché la mostra inaugurata il 28 novembre è dedicata a Paola de’ Cavèro, che è stata una nostra docente di arte e scenografia. Sarà allestita in Pinacoteca, all’interno del percorso dell’esposizione permanente: un dialogo tra la collezione e le opere contemporanee, molte dedicate al mondo dell’Opera. Ogni artista a cui dedichiamo una mostra dona poi un’opera, che entra a far parte della futura Pinacoteca del ’900. In seguito avremo una mostra dedicata all’arte figurativa dell’Accademia Glazunov (un’accademia moscovita di pittura, scultura e architettura) e, a partire dalla primavera prossima, vorrei allestire nell’ipogeo della Rotonda una mostra che si intitolerà “Le stanze sono piene di libri”, con lo scopo di rivalutare il patrimonio di libri della nostra biblioteca: un’autentica miniera da cui dobbiamo tirare fuori i gioielli. In autunno, infine, sarà la volta di “Disegnare la città”: la mostra più importante, che costruiremo partendo dalle nostre collezioni, in collaborazione con la Fondazione Accorsi e il Museo d’Impresa di Reale Mutua. Sarà pensata come un percorso destinato a coinvolgere la città per conoscerne la storia dal 1884 al 1911. 

Non pensa che rispetto agli altri Musei torinesi la Pinacoteca dell’Albertina sia poco vista, considerate le potenzialità che possiede? 

È vero, e per questo motivo la promozione e la comunicazione sono punti prioritari. Per cominciare, con l’occasione dell’inaugurazione della Sala dei Cartoni Gaudenziani, metteremo un banner permanente all’angolo tra Via Po e via Accademia Albertina, che riporti orari della Pinacoteca e indicazioni per raggiungerla. Un altro dei miei obiettivi sarà istituire l’Associazione degli Amici dell’Accademia Albertina, sulla falsariga di analoghe associazioni operanti in altri musei. In ogni caso, la linea della mia presidenza sarà fortemente orientata a valorizzare ciò che abbiamo, perché esiste uno straordinario patrimonio praticamente sconosciuto. Un discorso che naturalmente non esclude le sinergie: l’Accademia, ad esempio, è uno degli attori nel palinsesto della grande mostra sul Barocco della primavera prossima, che vedrà come capofila la Reggia di Venaria, ma toccherà l’intera regione con eventi, restauri, convegni, laboratori. 

Anche la Sala dei Cartoni Gaudenziani, rinnovata dall’intervento della Consulta, va nella direzione di una trasformazione nel rinnovamento. 

Certamente è mia volontà portare alla luce i documenti inediti dell’Archivio, un’importante tradizione storica che deve essere comunicata e resa viva. 

Infine i libri, tema che credo le stia a cuore, essendo un’esperta in materia… 

I libri sono la mia vita. Per l’Albertina sto curando il restyling delle collane e dei cataloghi: la prima ad uscire, il 5 dicembre, sarà la nuova guida della Pinacoteca Albertina, e l’anno prossimo, come detto, uscirà il volume sui Cartoni Gaudenziani. Ma sui libri mi piace sottolineare ancora un’altra iniziativa, i bibliotour che vengono organizzati in Pinacoteca, nella saletta azzurra. Qui la nostra bibliotecaria presenta a chi si iscrive le edizioni originali di splendidi volumi antichi, spiegandone la storia e le caratteristiche. Incontri speciali, che riscuotono sempre molto interesse.

È prossimo all’apertura il cantiere di restauro conservativo che interesserà una delle due chiese affacciate sul salotto di Torino.  

Quinta di una della più classiche inquadrature torinesi, la Chiesa di San Carlo Borromeo è stata protagonista di uno dei primissimi interventi di Consulta: l’anno era il 1990 e ad essere restaurate furono le facciate delle due chiese gemelle di San Carlo e Santa Cristina, che con la loro presenza marcano, fin dalla prima metà del Seicento, un lato di Piazza San Carlo.

Oggi, a quasi trent’anni di distanza, ad aver bisogno di aiuto sono il campanile e la facciata sul lato di via Roma. Entrambi necessitano di una generale revisione delle superfici intonacate, che denunciano diffusamente i tipici segni del passare del tempo: alterazioni della pellicola pittorica, esfoliazioni ed efflorescenze saline, rigonfiamenti dell’intonaco, piccoli distacchi di elementi decorativi; su tutto, una complessiva patina di sporco.

Destinato specificamente alla conservazione e al restauro di intonaci ed elementi architettonici, l’intervento, finanziato dal MiBACT e da Consulta, è stato affidato allo Studio DeArch di Torino. Preceduti da una serie di saggi stratigrafici delle finiture pittoriche, i lavori saranno quindi concentrati sul ripristino delle superfici e degli elementi decorativi lineari, ma includeranno anche il ripasso di faldoni, converse e coperture in metallo e pietra; la ritinteggiatura finale sarà eseguita nel rispetto delle cromie antiche.

Al cantiere della Fontana dell’Ercole, nei Giardini della Reggia di Venaria, le rovine stanno gradualmente lasciando il posto alle strutture che segneranno il risultato finale. Ad apparire, dopo un’approfondita ma indispensabile fase di studio e di ricerche d’archivio, è dunque la “linea visibile” dei lavori, ossia quel momento emozionante in cui il progetto da ideale diventa reale.

In questo caso un progetto assolutamente fuori dal comune, perché il tema non era soltanto quello del restauro, ma presentava una ben maggiore complessità: riproporre secondo modelli contemporanei un’invenzione barocca di cui non restavano che labili tracce. Per usare le parole del progettista, architetto Gianfranco Gritella, “Un’opera che ha radici nel passato, ma che è soprattutto una porta aperta verso il futuro”. 

In fondo, un intervento che non poteva che essere tentato se non qui, alla Reggia di Venaria, la cui rinascita, sottolinea Luisa Papotti, Soprintendente per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Torino, è stata tutta all’insegna dell’eccezionalità: “Quello di Venaria è stato uno dei più grandi cantieri sperimentali di restauro a livello internazionale, che ha introdotto un nuovo sistema di gestione e di collaborazione”. E se la Fontana dell’Ercole rappresenta l’ultimo tassello nel recupero della Reggia, nello stesso tempo esso è anche uno degli episodi più difficili, che ha messo in evidenza “il coraggio della Consulta di Torino e la sua capacità di apportare idee e disegnare percorsi”. Consulta che ringrazia i mecenati Compagnia di San Paolo, Intesa Sanpaolo, Società Reale Mutua di Assicurazioni, Iren, Consorzio delle Residenze Reali Sabaude-La Venaria Reale e l’Associazione Amici della Reggia. 

Ma ora è tempo di guardare avanti: l’opera si sta sviluppando secondo un piano equilibrato e coerente, nel pieno rispetto delle caratteristiche tipologiche di ciò che rimaneva. L’accurato restauro degli apparati decorativi del ninfeo, ormai definitivamente salvati dal degrado, comincia a dialogare con tutti gli elementi nuovi che poco per volta, come in un grande puzzle, troveranno la loro giusta collocazione: dai calchi dei giganteschi telamoni (ottenuti, direttamente dagli originali che si trovano al Castello di Govone) alle eleganti volte lignee di copertura, che saranno posizionate entro la primavera. Alla secolare storia di smisurate ambizioni e grandi meraviglie che contrassegna la Reggia di Venaria sta per aggiungersi un nuovo capitolo.   

Da oltre 30 anni la Consulta di Torino progetta e investe su arte, cultura e bellezza, servendosi della tecnologia più avanzata e con un’attenzione particolare al tema della responsabilità sociale. Per creare valore che duri nel tempo. 

Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino: nel nome dell’Associazione risiede la capacità delle primarie imprese ed enti presenti sul territorio di trovare convergenza di obiettivi strategici. Ogni strategia si sviluppa nel tempo e necessita costanza. Consulta persegue i propri obiettivi collaborando con istituzioni pubbliche e realtà terze da oltre 30 anni, restituendo alla città, passo dopo passo, un’identità che contribuisce a connetterla internazionalmente. L’arte e la cultura sono per Torino una risorsa “sorella” della manifattura e della creatività tecnologica. Non è un caso che la voce “innovazione” sia destinata ad assumere crescente peso nelle attività di Consulta: non tanto per segnare un cambiamento quanto per favorire la consapevolezza dell’importanza di un legame presente da sempre. 

Quest’anno l’Associazione ha iniziato un percorso di collaborazione con il Politecnico di Torino. Insieme abbiamo promosso il Workshop “Innovazione e Tecnologie per i Beni Culturali, Restauro e Fruizione”, e il Politecnico ha invitato Consulta al Festival della Tecnologia. Per comprendere la grandezza del ruolo della tecnologia nel contesto dell’arte è necessario però approfondire alcune fondamentali caratteristiche di entrambe. La tecnologia storicamente permette di soddisfare necessità di salute, successo e benessere. Cresce grazie alla creatività, e la sua finalità è di superare i limiti umani, di colmare le mancanze, di soddisfare i desideri. E infine può anche diventare autentica chiave di successo imprenditoriale, ma a patto di rinnovarsi il momento dopo che si è manifestata. 

Quando invece la tecnologia asseconda l’arte, allora non cerca più di eliminare le mancanze, ma le esalta. Si mette al servizio del desiderio, abbandonando l’obiettivo di colmarlo. L’esempio più potente dell’invenzione tecnologica al servizio della creatività è la scrittura: un mezzo per andare oltre. L’arte ha proprio nella mancanza l’apertura che le permette di rimanere nuova per sempre. 

In Consulta gli aspetti imprenditoriali e quelli puramente artistici sono congiunti. Lo sono per la costituzione stessa dell’Associazione, composta da oltre 30 imprese ed enti presenti nel territorio torinese che dal 1987 investono con costanza a favore dell’arte e della cultura. Consapevoli, da sempre, che il benessere di ogni azienda e del territorio nel quale opera siano intimamente collegati. Oggi, con la nascita del Bilancio Sociale e crescenti obiettivi di sostenibilità, vengono rinnovate le fondamenta dei requisiti per la creazione di valore: la forza di un’impresa si misura anche sulla sua capacità di essere sostenibile e di generare più benessere di quanto ne consumi. 

L’arte, la cultura, la bellezza generano attrattività e benessere, mettono in comunicazione e sono un valore ormai comunemente individuato come obiettivo di responsabilità sociale. Nell’indirizzare la propria progettualità a favore dell’arte e della cultura le imprese di Consulta sfruttano la leva della tecnologia, mettendola a servizio della creatività. Nell’ambito del Festival della Tecnologia, Consulta ha presentato due progetti in corso d’opera, che illustrano come l’associazione utilizzi l’innovazione. 

Il primo esempio è il lavoro, in fase di realizzazione, nel Teatro d’Acque della Fontana dell’Ercole a Venaria Reale: uno spazio di 5.000 mq, al centro dell’asse che dal Borgo di Venaria passa dalla Reggia e si prolunga attraverso gli splendidi giardini fino al Tempio di Diana. È un progetto di recupero di livello europeo, con un investimento di 3 milioni di euro resi disponibili dalla collaborazione che, con Consulta, coinvolge Compagnia di San Paolo, Intesa Sanpaolo, Reale Mutua, Iren, la Reggia di Venaria e l’Associazione A.V.T.A.-Amici Reggia di Venaria Reale.

In questo progetto il concetto di mancanza come valore creativo è palese: dell’originale Teatro d’Acque del Seicento rimanevano rovine così distrutte da rendere impossibile la comprensione della bellezza perduta. Perciò nel piano di recupero orchestrato da Consulta è assente la finalità di ricostruire. Lo sforzo progettuale è piuttosto finalizzato a far parlare le rovine, a donare al Teatro d’Acque una scrittura che permetta allo spazio di riappropriarsi della propria identità storica, e di comunicarla per tornare a vivere. L’elemento di rottura portato dalle rovine trova proprio nella mancanza la propria forza. Ferite che si trasformano in feritoie e che, con l’intervento della tecnologia – tramite ricostruzioni e rievocazione degli spazi – comunicano. 

Il secondo esempio presentato da Consulta ci mostra invece come la tecnologia possa cambiare l’esperienza di visita in un museo. Si tratta di un sistema innovativo, una “app” progettata da Consulta per la Fondazione Torino Musei, che il prossimo anno vedrà la sua prima applicazione in Palazzo Madama. La tecnologia proposta da Consulta fornirà al visitatore gli strumenti per instaurare una comunicazione interattiva, che guidi il suo percorso di visita attraverso il Museo, facendolo diventare sempre più interlocutore dialogante. 

Due esempi che sono solo una parte della progettualità di Consulta nel 2019 che, insieme al sostegno ordinario e straordinario delle imprese Socie, può contare sulla fiducia di realtà terze. Oltre agli interventi straordinari per la Reggia di Venaria, l’Associazione ha infatti beneficiato della fiducia della Fondazione La Stampa-Specchio dei Tempi, che le ha affidato la gestione del restauro dell’Altare della Cappella della Sindone. Tale credito è forza e fierezza dell’Associazione, fondamento per la realizzazione di ambiziose strategie nel tempo. Per questo un sentito ringraziamento va a quanti rendono possibile un cammino così importante.

Guido Curto, nuovo Direttore del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, illustra le sue priorità: creare un sistema di collegamenti tra le dimore sabaude, riordinare spazi e percorsi di visita, aprire alla formazione e al territorio. La Reggia di Venaria entra in una nuova fase.   

Lo stile di Guido Curto è inconfondibile: energico, appassionato, gentile. Le stesse qualità che guidano il suo nuovo lavoro alla Reggia di Venaria, dove è approdato come Direttore lo scorso settembre. Un’eredità bella e difficile, visti i risultati da record macinati in questi 12 anni. Ma il lavoro culturale è anche questo: consolidare e rinnovare, comunicando alle persone il senso profondo di un bene che appartiene alla storia di tutti noi. “Ma per far ciò – dice Curto – è necessario che il territorio entri dentro e partecipi”. Un’affermazione che è quasi una dichiarazione programmatica.

Professor Curto, che cosa significa prendere il timone della Reggia a dodici anni dall’apertura? Su quali linee si muoverà la sua direzione per valorizzare l’identità di questo luogo? 

La Reggia di Venaria è nata grazie allo straordinario impegno di Alberto Vanelli, ed è stata portata avanti da un altro grande direttore, Mario Turetta: oggi, quella che dirigo è già una macchina eccellente. Quando si lavora su una macchina come questa occorre solo implementarla, apportando piccole modifiche per non perdere il primato che è stato raggiunto: il milione di ingressi all’anno che ci posiziona al primo posto, tra i musei italiani, per numero di biglietti staccati. Dirigere la Reggia però vuol anche dire guidare il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, e attualmente credo che sia questa la sfida più impegnativa. 

E nel contesto delle Residenze Reali Sabaude quale sarà il ruolo di Venaria? 

La Reggia manterrà la sua funzione di “hub” delle residenze reali sabaude. Non ho usato la parola “fulcro” deliberatamente, perché ritengo che al centro ci siano i Musei Reali e Palazzo Madama che sono anche il cuore urbanistico e storico di Torino. Intorno alla città si snoda la “corona di delitie”, in cui spicca il modello gestionale della Reggia di Venaria. È questa la sua forza, che però può anche diventare criticità, perché è un modello che si deve riverberare sulle altre residenze. 

Nel suo ruolo di coordinatore possiede strumenti per operare? 

Sì, lo statuto del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude mi consente di convocare e dirigere il Comitato e di invitare al tavolo di coordinamento i Direttori dei Musei Reali, di Palazzo Madama e delle varie residenze del Polo Museale del Piemonte, di cui fanno parte grandi strutture come Stupinigi, Agliè e Racconigi, tutte dotate di parchi o giardini straordinari. E questo è un aspetto decisivo, perché il modello vincente è proprio quello della residenza con parco o giardini annessi. In ogni caso, quello di Venaria è un “hub” che può diventare molto significativo per tutto il Piemonte, perché non comprende solo la provincia di Torino, ma coinvolge anche il territorio di Cuneo con i Castelli di Racconigi, Govone e Valcasotto. 

Che cosa vuol dire essere un “hub” culturale? 

Vuol dire mantenere un dialogo, per essere un domani il polo di un sistema di comunicazione. Significa cioè creare un sistema di valorizzazione, che per il momento è ancora poco sviluppato. Esiste un sito che funziona bene, ma dovremo lavorare maggiormente in due direzioni: sulla creazione di eventi comuni, e sulle identità, e le esigenze, delle diverse  proprietà… Prendiamo ad esempio il Castello di Rivoli: è una struttura autonoma, ma anche un punto importante del circuito delle residenze. Un luogo, quindi, con cui continueremo a dialogare per fare sistema. 

Ma in termini pratici che cosa occorre? 

Creare materiale divulgativo per i turisti; una segnaletica che identifichi meglio le residenze, inserendole in un percorso; una mappa che, posizionata in ognuna di esse, illustri l’intero circuito… Non pretendo, per ora, di avere un servizio di pullman gestito da noi; però sarebbe importante indicare ai tour operator un itinerario ideale. Un tracciato che secondo me dovrebbe partire dai Musei Reali di Torino, toccare Palazzo Madama, e da lì dirigersi a Venaria. Dalla Reggia ci si potrà poi muovere verso sud, arrivando in pochi minuti a Rivoli, Stupinigi e Moncalieri, ulteriore punto di partenza per un viaggio verso le dimore del territorio cuneese; oppure a nord, puntando verso il Canavese e il Castello di Agliè. 

La sensazione è che si delinei un itinerario coerente. 

Certo. Ma condizione indispensabile è che ogni castello o museo sia in grado di offrire alcuni servizi basilari: che sia dotato di parcheggi per almeno 20 auto e 5 autobus, e che resti aperto, nelle sale principali, il sabato e la domenica. Quando ogni castello – e con esso, nelle stagioni primaverili ed estive, parchi e giardini – garantirà questi requisiti, potremo impostare un’azione coordinata e promuovere il circuito con i tour operator. Un notevole lavoro di comunicazione e valorizzazione, da fare in sintonia. 

Torniamo alla Reggia: possiamo dire che con la sua direzione si aprirà una nuova fase? 

Per il momento ho fatto solo minime variazioni. Ho cambiato l’orario di visita che ora, per tutto l’anno, è dalle 9,30 alle 17,30: anche questo porta chiarezza. Poi ho dato più attenzione alle famiglie: i ragazzi fino a 15 anni pagano soltanto 1 euro nella formula “Tutto in una Reggia”. Infine ho aumentato a 21 anni l’età dell’ingresso ridotto. Un lavoro di cesello, perché era tutto già molto ben organizzato. Le novità più consistenti riguarderanno invece il percorso espositivo, che presto sarà sdoppiato: accanto al tradizionale giro lungo ne proporremo uno breve, per chi ha solo un’ora di tempo: si entrerà in Reggia direttamente dalla Corte d’onore, e si potranno vedere tutte le sale auliche. 

Insomma, una dimora che trasmetta ancora meglio la quotidianità del passato… 

Sì, saranno percorsi più celebrativi della dinastia sabauda: vorrei che questo diventasse un po’ il museo della storia di Casa Savoia, intesa come famiglia reale italiana. Iniziando dalla Galleria degli Antenati, che racconta la storia dei Savoia ab origine, e passando attraverso la grande storia e i suoi protagonisti: da Vittorio Amedeo II, re di Sicilia e poi re di Sardegna, fino ad arrivare al primo re d’Italia Vittorio Emanuele II, di cui conservano memoria le sale perfettamente arredate del Castello della Mandria, dove si concluderà l’itinerario. Questo sarà un altro dei nostri asset

Il tema della formazione ricorre in tutto il suo percorso professionale, dall’Accademia Albertina a Palazzo Madama. Come lo svilupperà qui alla Reggia? 

La formazione si intreccerà a un’altra novità, che riguarda Scuderie e Citroniera. Questi spazi della Reggia ospiteranno, da qui a 2 anni, scuole e laboratori di formazione. E questa, in effetti, è un’idea che proviene dalle mie precedenti esperienze. Ci saranno le aule di una scuola di alta oreficeria, che funzionerà in collaborazione con il Centro Conservazione e Restauro. Ma vorrei sviluppare dei progetti anche con altri enti che fanno formazione sul territorio: mi piacerebbe, ad esempio, lanciare un master di videogiochi applicati ai beni culturali. Intanto sono convinto che i videogiochi possano diventare anche uno strumento di conoscenza, ma nel contempo formerebbe professionisti richiesti dal mondo del lavoro. L’idea si potrebbe realizzare attraverso l’accordo con un ente – un istituto di design o il Politecnico – e porterebbe qui un centinaio di studenti, che con l’iscrizione consentirebbero all’iniziativa di sostenersi da sola. La Citroniera sarà invece destinata a spazio per convegni ed eventi: tutto ciò che oggi, in ambito musicale e spettacolare, avviene nella Galleria Grande sarà spostato là, e avrà un accesso dedicato. 

Venaria è sede di grandi mostre. Sappiamo che la prossima, nella primavera del 2020, sarà dedicata al Barocco. Che tipo di evento sarà? 

Si intitolerà “Sfida al Barocco”, e presenterà al pubblico pezzi straordinari provenienti dai più prestigiosi musei del mondo. Ideata secondo un’impostazione tradizionale, credo che sia destinata a segnare il percorso della storia dell’arte, poiché imprimerà una fortissima svolta a livello scientifico. È lo stesso titolo a suggerire la tesi di fondo dei due curatori, Michela Di Macco e Giuseppe Dardanello della Fondazione 1563: dimostrare come dopo la metà del Seicento il Barocco diventi qualcosa d’altro, un concetto già proiettato verso il Settecento. Una revisione che non utilizzerà più le categorie di Barocco e Rococò, e che anzi intende metterle in crisi. 

E arriviamo ai giardini, che sono un fiore all’occhiello della Reggia. 

Sì, e non è un caso che quest’anno abbiano vinto il premio per “Il Parco più bello d’Italia”. Un merito che va agli architetti paesaggisti che li dirigono e ai 20 giardinieri che li accudiscono ogni giorno, con una passione non comune. 

Giardini che presto potranno presentare al pubblico la Fontana dell’Ercole, il grande progetto a cui sta lavorando la Consulta di Torino. 

Il progetto ideato per Consulta dall’architetto Gianfranco Gritella trasformerà la Fontana d’Ercole nell’autentico perno dell’area verde. Sarà una macchina spettacolare, nella quale non solo l’Ercole, ma altre sculture parteciperanno a una grandiosa scenografia di giochi d’acqua e di teatralità all’interno del giardino. Una struttura che vivrà anche grazie a elementi di video-animazione, di musica e di profumi legati alle essenze botaniche del parco: sarà un’esperienza interamente sensoriale. Sono convinto che regaleremo ai visitatori un’opera innovativa e importante.

Naturalmente, la grande estensione di verde della Reggia di Venaria permette di godere del paesaggio ma anche di fare altre attività… 

Tra i progetti a cui sono particolarmente interessato c’è quello di introdurre più sport, magari con l’aiuto di organizzazioni esterne. Vorrei che la natura di cui disponiamo fosse anche uno spazio da vivere per la salute fisica: una “Reggia del benessere” dove – in aree dedicate e attrezzate con eleganza, in armonia con il luogo – si possa fare ginnastica, fit-walking, yoga oppure semplicemente sdraiarsi sul prato. Abbiamo la fortuna di avere un pubblico sempre molto attento: alla nostra “Corsa da Re” partecipano oltre 5.000 persone e il giorno dopo la Reggia è perfetta. Perché la gente che fa sport è rispettosa del proprio corpo e dell’ambiente più di quanto non si creda.